Come sta cambiando il futuro dei piccoli produttori di vino?

Gli effetti della pandemia sul futuro dei piccoli produttori di vino (ma il discorso potrà allargarsi a tutta la loro filiera) non sembrano ancora definiti ma, se è certo che indietro non si torna, è anche possibile fare alcune previsioni sulla base di quanto sta accadendo in questi mesi.
In particolare, qui di seguito cercheremo di mettere assieme i vini biologici o biodinamici, i bag-in-box e lo smart working per delineare un possibile modello di sviluppo che vada a intercettare i nuovi bisogni dei consumatori.

Iniziamo con lo smart working.
Dopo essere stata una modalità di emergenza, adottata per consentire alle aziende e ai lavoratori di non interrompere la propria attività durante i ripetuti lockdown (e per fortuna la tecnologia attuale ce l’ha consentita!), con la graduale ripresa del lavoro in presenza molti pensavano sarebbe stata abbandonata o quasi. Sbagliando.
Superati i problemi di fiducia/controllo (che richiederanno l’introduzione della figura nei contratti di lavoro, se non collettivi almeno aziendali o individuali), le aziende hanno compreso come la presenza in ufficio dei dipendenti non sia sempre necessaria. Anzi, in un conto economico possa essere addirittura un costo superiore al beneficio (trasferte, affitto di spazi più piccoli, riduzione del numero di buoni pasto, costi di pulizie, energia elettrica, carta, sicurezza ecc.).

In futuro, molte aziende continueranno ad applicare lo smart working, cambiando il proprio modello di gestione prima incentrato sulla presenza fisica dei dipendenti. Non è una novità, già da qualche anno banche e assicurazioni, tra le altre, avevano introdotto la rotazione degli spazi e la turnazione dei dipendenti in ufficio. Leggendo ad es. un articolo del Corriere della Sera dello scorso ottobre, apprendiamo che entro 2 anni solo 2 dipendenti su 5 lavoreranno in azienda. Certo, si tratterà soprattutto di aziende medio-grandi, localizzate all’interno o in prossimità delle grandi città. Tuttavia, questi cambiamenti indotti dalla pandemia nel mondo del lavoro sono destinati dunque a lasciare un segno permanente in tutta Italia. Ad esempio, favorendo lo spostamento di diverse persone verso i centri più piccoli. Perché pagare un affitto a Milano se devo andarci solo 2 o 3 giorni alla settimana e posso risiedere in Oltrepò Pavese o sul Lago di Como?

Come abbiamo già scritto diversi mesi fa (https://www.affinamenti.it/2020/12/01/i-nomadi-digitali-e-il-vino/), questo nuovo modello lavorativo avrà quindi influenza sia sulla loro vita sociale e personale che sulle loro modalità di consumo. Semplificando:
• meno giornate in ufficio significa meno pranzi di lavoro e/o aperitivi in città, con diminuzione del consumo nell’Horeca
• più giornate a casa significa più consumo di vino tra le mura domestiche, con aumento dell’acquisto per asporto o la consegna a casa (dall’e-commerce al delivery)
• più vino a casa non necessariamente significa vino di basso prezzo ma nemmeno solo bottiglie prestigiose (attenzione al potere d’acquisto che potrebbe essere intaccato dall’aumento del costo dell’energia e dalla ripresa dell’inflazione!)

Quindi, se la mia piccola azienda vinicola ha impostato la propria strategia commerciale sul canale della ristorazione o dei wine bar, anche di tendenza “artigianale-naturale-piccoloèbello” (ormai diffusi in molte città), dovrà iniziare a pensare a rivedere alcuni obiettivi, cercando di raggiungere questi consumatori in modo più diretto.
Aggiungiamo un tassello.

Da diverse analisi emerge come il crescente peso di salute e sostenibilità tra le variabili di scelta dei consumatori siano stimoli positivi per il movimento del vino biologico. Una maggiore enfasi sugli ingredienti, l’autenticità, la cura di sé e l’ambiente stanno modellando sempre più i comportamenti di acquisto dei consumatori anche nel vino. Non per nulla, anche nella GDO e nell’e-commerce, la richiesta per vini “green” sta aumentando. Ma, parallelamente, nella GDO sta crescendo anche la presenza di marchi più o meno famosi che fino a pochi mesi fa non volevano comparire, portando sì ad una ulteriore qualificazione degli scaffali dei supermercati, ma ovviamente limitando lo spazio disponibile per cantine medio-piccole che potevano aver trovato accordi con qualche catena per godere di una distribuzione locale.
Quindi, se si vuole vendere vino a chi sta a casa, la strada sembra quella di entrare nei suoi negozi di prossimità, nelle enoteche e ristoranti dei piccoli centri di provincia e nel canale dell’e-commerce.

Ultimo tassello e giungiamo alle conclusioni.
Come ha recentemente scritto Angelo Peretti su Internet Gourmet (http://internetgourmet.it/ce-vino-non-ci-le-bottiglie/), se c’è il vino iniziano a mancare le bottiglie.
Con l’incremento dei costi energetici e il rallentamento della logistica internazionale (che sta portando all’aumento dei tempi di consegna delle merci), c’è una forte pressione su chi imbottiglia. Al punto che un fine osservatore come Robert Joseph non solo sostiene una petizione internazionale contro le bottiglie pesanti, ma evoca l’adozione di contenitori alternativi per i vini di fascia medio-bassa. Allo stesso modo, si inizia a pensare al bag-in-box come contenitore non solo per vini entry-level ma anche per i segmenti intermedi, come richiesto da un generale trend globale verso la premiumizzazione.

Recentemente abbiamo partecipato alla nuova edizione di Vini di Vignaioli, la fiera mercato che si tiene a inizio novembre sull’Appennino parmense, in cui diverse decine di produttori che si ispirano a filosofie produttive artigianali, molti biologici o biodinamici, presentano i vini al loro pubblico.

Tra gli espositori era presente anche Sfuso Buono (https://sfusobuono.com/), quello che si definisce il primo shop di bag-in-box di vini artigianali, diversi dei quali certificati bio, prodotti da piccole cantine, con molte referenze complementari.
1. Hanno un packaging alternativo, sostenibile e pratico
2. Contengono vini di impronta “green” e di piccole aziende
3. Sono destinati ad un consumo domestico e quotidiano
4. Sono acquistabili tramite e-commerce

Potrebbe essere questa una combinazione prodotto-mercato oggi perfetta per riassumere quanto visto sopra?

Gli effetti della pandemia sul futuro dei piccoli produttori di vino (ma il discorso potrà allargarsi a tutta la loro filiera) non sembrano ancora definiti ma, se è certo che indietro non si torna, è anche possibile fare alcune previsioni sulla base di quanto sta accadendo in questi mesi.
In particolare, qui di seguito cercheremo di mettere assieme i vini biologici o biodinamici, i bag-in-box e lo smart working per delineare un possibile modello di sviluppo che vada a intercettare i nuovi bisogni dei consumatori.

Iniziamo con lo smart working.
Dopo essere stata una modalità di emergenza, adottata per consentire alle aziende e ai lavoratori di non interrompere la propria attività durante i ripetuti lockdown (e per fortuna la tecnologia attuale ce l’ha consentita!), con la graduale ripresa del lavoro in presenza molti pensavano sarebbe stata abbandonata o quasi. Sbagliando.
Superati i problemi di fiducia/controllo (che richiederanno l’introduzione della figura nei contratti di lavoro, se non collettivi almeno aziendali o individuali), le aziende hanno compreso come la presenza in ufficio dei dipendenti non sia sempre necessaria. Anzi, in un conto economico possa essere addirittura un costo superiore al beneficio (trasferte, affitto di spazi più piccoli, riduzione del numero di buoni pasto, costi di pulizie, energia elettrica, carta, sicurezza ecc.).

In futuro, molte aziende continueranno ad applicare lo smart working, cambiando il proprio modello di gestione prima incentrato sulla presenza fisica dei dipendenti. Non è una novità, già da qualche anno banche e assicurazioni, tra le altre, avevano introdotto la rotazione degli spazi e la turnazione dei dipendenti in ufficio. Leggendo ad es. un articolo del Corriere della Sera dello scorso ottobre, apprendiamo che entro 2 anni solo 2 dipendenti su 5 lavoreranno in azienda. Certo, si tratterà soprattutto di aziende medio-grandi, localizzate all’interno o in prossimità delle grandi città. Tuttavia, questi cambiamenti indotti dalla pandemia nel mondo del lavoro sono destinati dunque a lasciare un segno permanente in tutta Italia. Ad esempio, favorendo lo spostamento di diverse persone verso i centri più piccoli. Perché pagare un affitto a Milano se devo andarci solo 2 o 3 giorni alla settimana e posso risiedere in Oltrepò Pavese o sul Lago di Como?

Come abbiamo già scritto diversi mesi fa (https://www.affinamenti.it/2020/12/01/i-nomadi-digitali-e-il-vino/), questo nuovo modello lavorativo avrà quindi influenza sia sulla loro vita sociale e personale che sulle loro modalità di consumo. Semplificando:
• meno giornate in ufficio significa meno pranzi di lavoro e/o aperitivi in città, con diminuzione del consumo nell’Horeca
• più giornate a casa significa più consumo di vino tra le mura domestiche, con aumento dell’acquisto per asporto o la consegna a casa (dall’e-commerce al delivery)
• più vino a casa non necessariamente significa vino di basso prezzo ma nemmeno solo bottiglie prestigiose (attenzione al potere d’acquisto che potrebbe essere intaccato dall’aumento del costo dell’energia e dalla ripresa dell’inflazione!)

Quindi, se la mia piccola azienda vinicola ha impostato la propria strategia commerciale sul canale della ristorazione o dei wine bar, anche di tendenza “artigianale-naturale-piccoloèbello” (ormai diffusi in molte città), dovrà iniziare a pensare a rivedere alcuni obiettivi, cercando di raggiungere questi consumatori in modo più diretto.
Aggiungiamo un tassello.

Da diverse analisi emerge come il crescente peso di salute e sostenibilità tra le variabili di scelta dei consumatori siano stimoli positivi per il movimento del vino biologico. Una maggiore enfasi sugli ingredienti, l’autenticità, la cura di sé e l’ambiente stanno modellando sempre più i comportamenti di acquisto dei consumatori anche nel vino. Non per nulla, anche nella GDO e nell’e-commerce, la richiesta per vini “green” sta aumentando. Ma, parallelamente, nella GDO sta crescendo anche la presenza di marchi più o meno famosi che fino a pochi mesi fa non volevano comparire, portando sì ad una ulteriore qualificazione degli scaffali dei supermercati, ma ovviamente limitando lo spazio disponibile per cantine medio-piccole che potevano aver trovato accordi con qualche catena per godere di una distribuzione locale.
Quindi, se si vuole vendere vino a chi sta a casa, la strada sembra quella di entrare nei suoi negozi di prossimità, nelle enoteche e ristoranti dei piccoli centri di provincia e nel canale dell’e-commerce.

Ultimo tassello e giungiamo alle conclusioni.
Come ha recentemente scritto Angelo Peretti su Internet Gourmet (http://internetgourmet.it/ce-vino-non-ci-le-bottiglie/), se c’è il vino iniziano a mancare le bottiglie.
Con l’incremento dei costi energetici e il rallentamento della logistica internazionale (che sta portando all’aumento dei tempi di consegna delle merci), c’è una forte pressione su chi imbottiglia. Al punto che un fine osservatore come Robert Joseph non solo sostiene una petizione internazionale contro le bottiglie pesanti, ma evoca l’adozione di contenitori alternativi per i vini di fascia medio-bassa. Allo stesso modo, si inizia a pensare al bag-in-box come contenitore non solo per vini entry-level ma anche per i segmenti intermedi, come richiesto da un generale trend globale verso la premiumizzazione.

Recentemente abbiamo partecipato alla nuova edizione di Vini di Vignaioli, la fiera mercato che si tiene a inizio novembre sull’Appennino parmense, in cui diverse decine di produttori che si ispirano a filosofie produttive artigianali, molti biologici o biodinamici, presentano i vini al loro pubblico.

Tra gli espositori era presente anche Sfuso Buono (https://sfusobuono.com/), quello che si definisce il primo shop di bag-in-box di vini artigianali, diversi dei quali certificati bio, prodotti da piccole cantine, con molte referenze complementari.
1. Hanno un packaging alternativo, sostenibile e pratico
2. Contengono vini di impronta “green” e di piccole aziende
3. Sono destinati ad un consumo domestico e quotidiano
4. Sono acquistabili tramite e-commerce

Potrebbe essere questa una combinazione prodotto-mercato oggi perfetta per riassumere quanto visto sopra?